La Commissione Gramsci si associa al (nuovo)PCI nella diffusione del comunicato “Contrattaccare alla Richard Ginori”. La classe operaia della Richard Ginori ha avuto sempre ruolo da protagonista nella lotta di classe del nostro paese. Nel documento delle due compagne si fa riferimento allo storico sciopero dei settanta giorni, contro misure del padrone Richard il cui obiettivo era obbligare gli operai a scendere sul terreno di lotta, costringerli a uno sciopero prolungato, approfittare delle debolezze della CGL e infiltrare tra di loro i fascisti. I fascisti screditarono il sindacato e iniziarono la propaganda per il corporativismo, perché, cioè, gli operai anziché unirsi nella lotta contro il padrone si unissero al padrone nella lotta contro altri operai, contro i “sovversivi”.
L’Ordine Nuovo di Gramsci intervenne sulla questione:
“Sesto, questa piccola oasi di tranquilla
operosità proletaria, doveva cadere, gioco forza, in mano agli squadristi,
doveva anch’essa essere occupata dalle guardie bianche, come la quasi totalità
delle cittadine, del paese, delle campagne della provincia di Firenze .
È vero che la difesa di questo borgo operaio
avrebbe potuto significare la ragione per una energica azione offensiva delle
forze proletarie del fiorentina ed è vero anche che motivi per organizzare
questa offensiva e condurla ce n’erano nell’episodio della difesa di Sesto
dall’assalto delle squadre fasciste. Bastava che a dirigere le masse
organizzate della nostra provincia vi fossero stati uomini capaci di intendere
la necessità di agire, adatti ad affrontare una battaglia terribile, grandiosa,
disperata. Invece anche questo ultimo lembo di terra proletaria, questo
superstite paese “rosso” è caduto senza resistere incontro ad un branco di
bravacci e anche per Sesto s’è iniziata ora la triste occupazione dei fasci di
combattimento.
Non c’è affatto da meravigliarsene.
Lo sciopero
dei ceramisti, impostato su un terreno difficile, uscito da una
situazione ambigua, equivoca, oscura - è
vera, on. Paolino, la storia del concordato da voi accettato e sottoscritto e
poi fatto infirmare dagli operai lanciati nella battaglia? - avrebbe dovuto
esser condotto energicamente e disperatamente, senza indecisioni pericolose,
senza perplessità, senza dubbi. Perché questo sciopero...non era più una
semplice battaglia da sostenersi con degli industriali reazionari e caparbi e
intransigenti, ma dopo il violento intervento delle squadre fasciste,
intervento portato a disordinare, a impressionare, a indebolire la resistenza
operaia, si era trasformato nel primo tentativo squadrista di impiegare la
sopraffazione e il sopruso nelle lotte sindacali. Si direbbe quasi che
l’eccezionale significato di questa lotta sia sfuggito ai dirigenti le
organizzazioni sindacali fiorentine, ai confederalisti della Camera del Lavoro.
Perché lo sciopero eseguito con meravigliosa compattezza, con magnifica
disciplina, delle masse ceramiste di Sesto, è stato abbandonato a un tratto,
con una ritirata inonorata, lasciando alla violenza di un centinaio di
fascisti, accampati nel paese rosso, la gloria di questa nuova vittoria,
riportata con tanta facilità da sbalordirne gli stessi vincitori?
Ora si cominciano a raccogliere i frutti di
questa sconfitta; accanto alle rappresaglie fasciste, che colpiscono i più
attivi nostri compagni, si preparano infatti e si annunziano già le
rappresaglie padronali. Ben pochi operai comunisti potranno da oggi trovare da
guadagnarsi da vivere negli stabilimenti di Doccia, ché la rioccupazione delle
maestranze avverrà in modo da permettere alla direzione la maggiore libertà
nell’esercitare le vendette tante volte promesse, tante volte sperate. E i
migliori saranno i sacrificati, i perseguitati, i condannati alla miseria, alla
fame. Non ci saranno proteste, ne si tenteranno pronunziamenti. Il randello
squadrista terrà in rispetto ormai le magnifiche, battagliere masse operaie del
Sestese, ora demoralizzate, scoraggiate, deluse. [1]
Il foglio di Gramsci, però, non comprende le cause della sconfitta: dice che “bastava che a dirigere le masse organizzate della nostra
provincia vi fossero stati uomini capaci di intendere la necessità di agire,
adatti ad affrontare una battaglia terribile, grandiosa, disperata.” Ci
volevano di sicuro uomini e donne del genere, così come ce ne vogliono per le
battaglie di oggi (grandiose sicuramente e anche terribili, ma non diciamo
disperate), ma uomini e donne uniti ideologicamente e organizzativamente, cioè
ci voleva e ci vuole un partito della classe operaia che ha scienza (che
comprende la necessità di agire) e determinazione (adatto alla guerra in
corso).
Avviso ai naviganti 69,
20 febbraio 2017
2017, centenario della gloriosa Rivoluzione d’Ottobre, la svolta
nella storia dell’umanità
Comitato Centrale del (nuovo)Partito comunista italiano
Sito: http://www.nuovopci.it
e.mail: lavocenpci40@yahoo.com
DELEGAZIONE:
BP3 4, rue Lénine 93451, l’Ile St Denis (Francia)
e.mail: delegazionecpnpci@yahoo.it
Contrattaccare alla Richard Ginori
Riceviamo e su più ampia scala diffondiamo il comunicato che due compagne simpatizzanti del nostro Partito hanno preparato e fatto circolare per mobilitare le file locali del Partito dei CARC, i comunisti, gli operai avanzati della Ginori e gli altri elementi avanzati delle masse popolari dell’area metropolitana di Firenze e chiamarli alla lotta. Lo diffondiamo perché la lotta degli operai della Ginori incominci a suscitare e ricevere solidarietà da tutti i lavoratori e gli elementi avanzati del nostro paese e a sua volta contribuisca a rafforzare le forze proletarie e popolari che lottano nel resto del paese e del mondo.
In tutti i paesi imperialisti la borghesia si
accanisce contro la legislazione del lavoro (Jobs Act, leggi del lavoro, ecc.):
è la conferma plateale dell’importanza della classe operaia e del ruolo che i
proletari aggregati nelle aziende capitaliste e nelle aziende e istituzioni
pubbliche possono svolgere nella rivoluzione socialista. Altro che scomparsa
della classe operaia!
Le aziende sono in crisi perché la società borghese
è in crisi. Ogni azienda può e deve diventare il focolaio locale della
rivoluzione socialista! L’instaurazione del socialismo è l’unica via per porre
fine al catastrofico corso delle cose che la borghesia infligge all’umanità per
prolungare la vita del sistema capitalista.
I partigiani delle due parole d’ordine “attuare la
Costituzione”, “rompere con UE, Euro e NATO” devono sostenere la lotta degli
operai che vogliono costituire un loro governo d’emergenza, il Governo di Blocco Popolare.
Allora le realizzeranno. Senza questo le due parole d’ordine restano slogan
privi di conseguenze pratiche, buoni per qualche manifestazione o per tentare
di mettere insieme un nuovo cartello elettorale della sinistra borghese da
schierare alle prossime elezioni politiche e amministrative.
16 gennaio 2017. La Richard Ginori è di nuovo sotto attacco, con minacce di
trasferimento dell’azienda e di lavoratori dichiarati in esubero. La pretesa
padronale, oltre al taglio dei lavoratori, è di trasferire l’azienda fuori
Sesto Fiorentino, grossomodo, sembrerebbe, come accadde negli anni Cinquanta
quando, al termine di una lunga lotta, i padroni abbandonarono la vecchia
manifattura, attiva da secoli e la fecero ricostruire dall’altro lato della
città. Oggi però l’intento non è di costruire altrove per riprendere la
produzione in un contesto di espansione produttiva generale come fu dagli anni
Cinquanta in poi, grazie alla quale le centinaia di licenziati dalla fabbrica
trovarono occupazione e Sesto diventò una cittadina ricca sul piano economico,
dei servizi alla collettività, di insediamenti culturali come, ad esempio, l’Istituto
Ernesto de Martino. Oggi l’intento di Gucci (e dei padroni suoi complici in
affari e in politica) è trarre profitto dalla speculazione, non dalla
produzione, e condurre la fabbrica più o meno lentamente alla morte, come fatto
in decine e decine di casi simili in Toscana, come stanno facendo per due
grandi insediamenti industriali come la Piaggio di Pontedera e l’acciaieria di
Piombino, e non guadiamo oltre la Toscana! Si tratta di un intento che
naturalmente i padroni e i loro complici non possono confessare, né in generale
né a Sesto: chiudere la Ginori significa strappare a Sesto mente e cuore,
perché questo insediamento urbano si è strutturato nei secoli sul piano
economico, politico e culturale attorno a questa fabbrica.
Tra le altre cose, se l’intento dei padroni avesse
successo, significherebbe la fine della giunta comunale presente, che alle
ultime elezioni amministrative [2015] si è imposta come una delle novità più
interessanti, di “rottura con il regime delle larghe intese”, insieme a quella
guidata a Napoli da De Magistris e a quelle del M5S. Effettivamente, questa
giunta si è imposta anche per l’onda lunga della vittoria degli operai che nel
2013 hanno imposto la riapertura della fabbrica, oltre che per la spinta della
mobilitazione popolare contro l’intento di costituire nella piana di Sesto un
inceneritore, di ampliare l'aeroporto e di costruire la terza corsia
dell'autostrada A11, cioè contro la frenesia speculativa e antipopolare delle
grandi opere inutili quando non anche dannose.
In effetti questo è il futuro che la borghesia imperialista
garantisce alle masse popolari: nessun futuro! A Sesto si chiude la produzione
delle ceramiche Ginori, si lascia alle ortiche il museo che raccoglie il meglio
di tale produzione nei secoli, e si avvia la produzione di veleno per l’aria
che respiriamo. Una giunta che non si pone l’obiettivo di mantenere nel
territorio fabbrica e occupati assumendo questo come la madre di tutte le
battaglie è pure essa condannata, come lo fu la giunta nel 1922, quando i
socialisti, al governo da 24 anni, dopo la sconfitta di uno sciopero di 70
giorni degli operai Ginori, abbandonarono i locali del Comune seguendo
l’intimazione dei fascisti scritta su un foglio di carta che si trovarono sul
tavolo.
Vincere è possibile. A chi parte sfiduciato per principio,
ricordiamo la vittoria del NO al referendum contro la modifica Renzi della
Costituzione dello scorso 4 dicembre. In questo caso particolare, però, per
vincere occorre una combinazione particolare, quella della classe operaia che
si mobilita per la difesa della fabbrica e dei posti di lavoro e
contemporaneamente riacquista fiducia che è possibile trasformare il mondo,
costruire una società nuova, il ché significa, nel caso nostro, fare
dell’Italia un nuovo paese socialista. Al coro che immediatamente insorge
quando diciamo questo, come se parlassimo di qualcosa che è assolutamente
impossibile, rispondiamo che la rivoluzione socialista è nella nostra mente non
come un sogno, ma come un progetto. Inoltre, rispondiamo con gli insegnamenti
tratti dalle battaglie che la classe operaia della Ginori ha condotto.
L’ultima battaglia alla Ginori, quella che nel 2013 ha
portato alla riapertura della fabbrica, è stata vinta grazie a uomini e donne
che mentre lottavano per gli interessi particolari loro e della città,
pensavano a livello dell’intero paese, cioè pensavano di costruire un paese
diverso, e agivano di conseguenza, e la loro lotta sindacale non era limitata
alle questioni immediate, ma spaziava nel tempo. Il discorso principale e più
avvincente della Festa del 25 aprile 2013 a Firenze fu quello di Nencini, del
Cobas Ginori, il quale ricordò quando gli operai e i sestesi tolsero le mine con
le quali i nazisti volevano fare saltare in aria la fabbrica. Anche oggi avete
mine da togliere, voi operai e sestesi e noi tutti!
Quello che disse
Nencini dal palco va tenuto a memoria:
“…ci troviamo in un momento
storico in cui è necessario mettere in campo una nuova resistenza. Che dobbiamo
combattere contro chi vuole, approfittandosi della crisi drammatica che stiamo
vivendo e che gli stessi hanno creato, cancellare i diritti dei lavoratori e
dei cittadini. Combattere contro chi sta precipitando il paese in una
condizione drammatica. Contro chi con le politiche assassine di austerità
produce disoccupazione, povertà e tragedia.
Resistere quindi, ma
mettendo in campo delle proposte, perché di fronte a questa crisi è necessario
che i lavoratori prendano coscienza di essere in un momento in cui non è più
possibile delegare ad altri il proprio futuro. Non è possibile delegare a una
casta che fa parte ormai in maniera strutturale del sistema di potere e che,
come la politica, mira prima di tutto a salvaguardare i propri interessi e i
propri privilegi.”
Nencini dice che è lì nel palco “per urlare con
forza che solo il lavoro può essere lo strumento per rilanciare l’economia e
per fare uscire il paese dalla situazione fallimentare e drammatica in cui
versa. Per urlare che c’è bisogno di una nuova politica, di una nuova economia,
di una diversa visione del mondo.”
Con questo spirito dalla fabbrica di Sesto si tesse una rete che
coinvolge lavoratori ed elementi avanzati delle masse popolari di ogni parte
d’Italia, organismi di lotta e organismi
politici a livello cittadino, regionale e nazionale, e si costringe i padroni,
sostenuti dalle istituzioni e soprattutto da un partito che ha Renzi come
guida, a riaprire la fabbrica.
Dopo la vittoria, c’è da chiedersi se veramente la considerammo una
battaglia di una guerra per una Italia nuova come quella descritta dal compagno
del Cobas, o se invece pensammo che fosse solo una battaglia, dopo la quale
ritornare alle attività correnti e a una presunta normalità, oltre la quale non
è consentito elevarsi più di tanto. C’è da chiedersi se veramente comprendemmo
che quella era una battaglia di una guerra popolare rivoluzionaria di lunga
durata per fare dell’Italia un nuovo paese socialista. Non abbiamo dedicato la
dovuta attenzione al monito del (nuovo) PCI nel suo comunicato
di saluto del 16 giugno [2013] alla Assemblea Operaia che il Cobas Ginori
avrebbe promosso il 22 giugno a Firenze,
insieme al Comitato NoDebito:
“Oggi il peggiore reato (di fronte alla società e
alla storia) delle organizzazioni sindacali, anche delle migliori e ben
intenzionate, è di mantenere sulla difensiva questi milioni di lavoratori, di
paralizzare la loro enorme forza potenziale. Di limitarsi, nel migliore dei
casi, a mobilitarli quando il padrone attacca, quando il padrone minaccia di
ridurre i posti di lavoro, di delocalizzare o chiudere, di ridurre salari e
peggiorare le condizioni di lavoro, di eliminare i diritti conquistati. Ma
limitarsi a difendersi, in una fase come questa, vuol dire perdere, votarsi
alla sconfitta.”
Ma veniamo a oggi!
Nel numero di febbraio 2017 di Resistenza, foglio del P.CARC, c’è una intervista al
Segretario Generale del (n)PCI, Ulisse. Ulisse spiega che nella prima fase
della sua esistenza [1999-2004] il partito si è rivolto alle Forze Soggettive
della Rivoluzione Socialista (FSRS), cioè a quelle organizzazioni che vogliono
(o almeno dichiarano di volere) fare la rivoluzione e fare dell’Italia un paese
socialista, così come Nencini nel suo discorso del 2013 parlò di fare un paese
retto su una nuova economia, una nuova politica e una nuova filosofia. Il
discorso vale anche nella relazione che compagni del P.CARC stabilirono allora
con i lavoratori in lotta. Riferendosi agli inizi del (n)PCI, Ulisse dice:
Eravamo stati idealisti. In
alcuni casi avevamo pensato che una FSRS volesse realmente fare quello che
diceva. In altri avevamo confuso quello che ognuna di esse pensava di essere,
con quello che essa realmente era. In sostanza avevamo pensato che, siccome noi
davamo risposta alle domande che ognuna di esse apertamente si poneva, a quello
che apparentemente cercava e a cui dichiarava di aspirare, essa sarebbe venuta
con noi. In sostanza avevamo sottovalutato sia la separazione tra teoria e
pratica, separazione tradizionale nei paesi imperialisti e in Italia, per
precise ragioni storiche, più che in altri; sia gli effetti del sistema di
controrivoluzione preventiva e le “tre trappole” messe in opera dalla borghesia
e dal clero illustrate nell’articolo su La Voce n. 54 pagg. 17-19. (1)
Forse anche i compagni del P.CARC nel 2013 erano stati
idealisti; avevano creduto che siccome Nencini aveva detto, fosse fatto; forse
si sono fermati al dito (le affermazioni di Nencini) e non hanno guardato la
luna (creare le condizioni affinché quello che Nencini diceva diventasse
pratica delle masse popolari di Sesto Fiorentino e della Ginori, queste si
concentrassero sulla necessità di consolidare e compattare il nucleo operaio al
suo interno, ricercassero negli altri 280 operai nuova linfa per quel nucleo
storico di operai che era esausto). Ma ora la questione non è piangere sugli
errori fatti, i compagni del P.CARC devono imparare dai loro errori e così
avanzare.
(1) Nell’articolo si
scrive cosa è il regime di controrivoluzione preventiva: “Nel nostro Manifesto Programma abbiamo
illustrato (cap. 1.3.3) il sistema di
controrivoluzione preventiva: l’insieme di attività, di linee e di istituzioni
con cui la borghesia imperialista ostacola prevenendolo lo sviluppo della rivoluzione
socialista, l’insieme messo in opera a partire dall’inizio del secolo XX negli
USA ed esteso su grande scala a tutti i paesi imperialisti a partire dalla fine
della seconda Guerra Mondiale. Abbiamo in quel contesto illustrato il primo
pilastro e in particolare l’ampia diffusione di teorie che creano un meccanismo
di intossicazione, confusione e diversione dalla realtà diretto a conformare la
mente e i cuori delle masse popolari distogliendole dalla lotta di classe e
soprattutto dalla comprensione delle condizioni, delle forme e dei risultati
della lotta di classe.” Questo meccanismo è la prima trappola. La seconda
trappola sono le attività correnti. Siamo “al punto
che oggi spesso nei paesi imperialisti lavoratori che sono impegnati nel lavoro
remunerato quaranta o meno ore alla settimana (comunque circa la metà di quanto
lo fossero i loro nonni) si trovano inavvertitamente a non riuscire a disporre
di tempo per l’attività politica. Impegni familiari, relazioni sociali,
attività, hobby e droghe saturano il loro tempo lasciato libero dal lavoro in
produzione.” La terza trappola è il mondo virtuale. Quello che mira a “distogliere dal mondo reale a vantaggio di un mondo
immaginario e arbitrario in cui rifugiarsi anziché trasformare il mondo reale.”
Vincere è possibile, fare un governo di emergenza è
possibile ed è possibile fare dell’Italia un nuovo paese socialista, anche se
tutti i filosofi, economisti, politici di regime lo negano, e soprattutto anche
se a negarlo è stato il vecchio PCI a partire da Togliatti fino a Berlinguer e
oltre. Non si può provare, però, che vincere è possibile, fino a che non si è
vinto, come non si può sapere che una pera è buona fino a che non la si mangia.
Un fatto però lo abbiamo a disposizione, ed è che di sicuro chi non avanza
arretra: dopo la riapertura della fabbrica non è stata coltivata a dovere
l’idea del socialismo possibile e non è stato curato a dovere l’avanzare nella
costruzione del partito che rende il socialismo possibile, e cioè il partito
comunista. Dopo una lotta, soprattutto dopo una lotta importante a livello
nazionale, se non si esce con una maggiore unità di pensiero e una
corrispondente organizzazione, si finisce “sparpagliandosi
in una infinità di volontà singole”, come ha scritto Gramsci: così è accaduto nella Ginori e tra chi ha
guidato la lotta, dove si sono dati i giudizi più divergenti: tra chi la vide
come una vittoria ma non comprese come darle seguito; tra chi disse che era una
sconfitta al modo dei trotzkisti, per i quali tutto è una sconfitta a parte la
rivoluzione che secondo loro dovrebbe scoppiare simultaneamente in ogni parte
del mondo; tra chi per non “delegare alla casta”, delegò al Movimento Cinque
Stelle il quale, oggi, ancora non si è fatto vedere ai cancelli della fabbrica
per sostenere gli operai.
Dalla battaglia della Ginori abbiamo imparato che
l'importanza di ogni lotta ancora più che nei risultati immediati sta nel
contributo che dà alla crescita dell'organizzazione e all'elevazione della
coscienza dei protagonisti di quella lotta, gli operai.
Ma la disgregazione c’è stata anche fuori, in chi ha
sostenuto la battaglia, come ad esempio fece il Partito dei CARC, per il quale
iniziò una fase critica che si manifestò in tutta la sua acutezza un anno dopo,
e che fu però salutare: oggi questo organismo della Carovana del (n)PCI ha
conquistato nella capitale della regione una forza che mai ha avuto. Il fatto
è, compagni e compagne, che in un singolo scontro l’importante non è vincere o
perdere, ma dall’uno o dall’altro esito trarre terreno per andare avanti. Una
sconfitta è un problema, e lo sappiamo, ma lo è anche una vittoria, se non
osiamo conquistare tutto.
Così fu dopo la grande vittoria dell’Armata Rossa sul
nazifascismo, in quegli anni in cui in Italia la Resistenza vinse, e poi il
Partito Comunista Cinese conquistò il potere in Cina, anni in cui il movimento
comunista aveva il governo nei paesi più popolati del pianeta, dal fiume Elba
fino alle coste asiatiche dell’Oceano Pacifico. Anche quel movimento arretrò:
prevalse la destra, di Kruscev, di Togliatti e degli altri revisionisti
moderni, che iniziarono con la denigrazione di Stalin e quindi, via via,
diffusero l’idea che il socialismo è impossibile, e infine disgregarono l’URSS,
massima parte dei paesi socialisti e il PCI e massima parte dei partiti
comunisti dei paesi imperialisti.
Fu la sinistra che non seppe come avanzare. Oggi abbiamo
studiato e compreso i limiti che ebbe la sinistra del vecchio PCI, del
movimento marxista-leninista e delle Organizzazioni Comuniste Combattenti come
le Brigate Rosse che ai revisionisti moderni si opposero, e riprendiamo il
cammino. Di fatto, il socialismo non solo è possibile, ma necessario.
Per diventare comunisti bisogna impadronirsi della scienza
delle attività con le quali gli uomini fanno la loro storia, svilupparla e
usarla per instaurare il socialismo: il Partito è la scuola per ogni individuo
deciso a diventare comunista!
Avanti quindi!
Costituire clandestinamente in ogni azienda capitalista, in
ogni azienda pubblica, in ogni istituzione e in ogni centro abitato un Comitato
di Partito per assimilare la concezione comunista del mondo e imparare ad
applicarla concretamente ognuno nella sua situazione particolare!
Studiare il Manifesto
Programma del Partito è la prima attività
di chi si organizza per diventare comunista. Stabilire un contatto clandestino
con il Centro del Partito è la seconda. Promuovere la costituzione di
organizzazioni operaie in ogni azienda capitalista e di organizzazioni popolari
in ogni azienda pubblica, in ogni istituzione addetta a fornire servizi
pubblici, in ogni scuola e università, in ogni zona d’abitazione è la terza.
Con il socialismo nessuna donna e nessun uomo è un esubero!
Con il socialismo c’è posto per tutti quelli che sono
disposti a far la loro parte dei compiti di cui la società ha bisogno!
Osare sognare, osare pensare, osare vedere oltre
l’orizzonte della società borghese!
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