RIFORMA MORALE ED INTELLETTUALE. DA LABRIOLA A GRAMSCI ALLO SCIOPERO GENERALE USB DEL 24 OTTOBRE 2014.
Antonio Labriola secondo Gramsci è l’unico rivoluzionario
italiano “che abbia seriamente studiato il marxismo”. Ne parla Alberto Burgio
nel suo libro
Gramsci. Il sistema in
movimento, (DeriveApprodi, Roma, 2014)
sul fatto che IL CONOSCERE È FARE. Scrive:
“Che cos’è infatti prassi
per Labriola? Precisamente la cooperazione tra essere umano (ragione,
volontà, intenzione e previsione) e natura: collaborazione operosa ed
efficiente in virtù della quale, come leggiamo in un testo fondamentale “noi produciamo ad arte ciò che la natura da per
sé produce. […] le cose cessan dall’esser per noi dei meri obietti rigidi della
visione perché si vanno, anzi, generando sotto la nostra guida; e il pensiero
cessa dall’essere un presupposto, o un’anticipazione paradigmatica delle cose,
anzi diventa concreto, perché
cresce con le cose, a intelligenza delle quali viene progressivamente
concrescendo” entro
un processo generativo che coinvolge “noi stessi” trasformandoci, rendendoci
prodotti della nostra stessa prassi storica” (1)
Cosa significa tutto questo per chi si appresta a costruire
la rivoluzione socialista in Italia, e quindi a trasformare il mondo, cosa che
richiede prima di tutto la sua trasformazione? Vediamolo.
Abbiamo scoperto, dice il nuovo PCI, che la strategia
per costruire la rivoluzione, è la
Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata. Dopo, viene la scoperta della
riforma morale e intellettuale:
“Dopo la scoperta della strategia della Guerra Popolare
Rivoluzionaria, viene la scoperta della Riforma Morale e Intellettuale, seconda
per importanza solo alla prima. Nell’applicazione della linea tracciata ci
siamo resi conto che dobbiamo sviluppare la cura e la formazione di quanti
aspirano a diventare comunisti e dei membri stessi del Partito fino a
determinare la loro trasformazione. Nei paesi imperialisti per essere
all’altezza del suo compito, per essere capace di dirigere la Guerra Popolare
Rivoluzionaria, il Partito deve promuovere nelle sue file una riforma intellettuale e
morale, che consta di studio (della concezione comunista del mondo, della
storia del nostro paese, della sua composizione di classe e delle sue relazioni
internazionali, del corso delle cose e della nostra linea) e di processi di
critica-autocritica-trasformazione (per trasformare la concezione del mondo, la
mentalità e in una certa misura anche la personalità dei singoli compagni).”(2)
Lo
studio della concezione comunista del mondo ci fa partire qui da Firenze, dove
abbiamo cominciato a prendere in esame in una iniziativa pubblica, il 19
ottobre alla Casa del Popolo di Settignano, un libro dove uno studioso come
Alberto Burgio studia l’opera di Gramsci, e quindi ci inoltriamo nell’epoca in
cui Gramsci e vissuto e andiamo ancora indietro imparando da uno dei suoi
maestri, Antonio Labriola. Che scrive Antonio Labriola nel suo linguaggio
ottocentesco?
“Le
cose cessan d’essere per noi dei meri obietti rigidi della visione” vuole dire
che il mondo che abbiamo davanti non è fatto di oggetti fermi e stabili, una
casa, un fiume, una citta, un uomo o una donna, che ci stanno davanti e sono
quello che sono, ma ogni forma che abbiamo davanti non è tanto ma una cosa, ma
un processo, cioè qualcosa che diventa qualcos’altro, e precisamente diventa
quello che noi la facciamo diventare, se sappiamo come vogliamo che diventi e
come fare perché diventi proprio così.
Queste
sono le cose che, dice Labriola, si vanno “generando sotto la nostra guida”, il
che significa che noi dobbiamo dirigere il processo, e qui si torna al fatto
che bisogna studiare, perché “chi non studia non può dirigere”(3)
“Il
pensiero cessa di essere un presupposto, o un’anticipazione paradigmatica delle cose” è la critica di Labriola ai dogmatici. Un esempio? Il
24 ottobre alla manifestazione dell’USB a Firenze parlo con un tesserato della
CUB il quale sostiene che le divisioni tra i vari settori di lavoratori in lotta
sono dovute a contrasti tra “i vertici” dei sindacati di base, e che l’unica
soluzione è che si uniscano i lavoratori direttamente. Gli chiedo perché finora
i lavoratori non l’hanno fatto, perché sono rimasti fermi. Mi risponde che sono
fermi perché c’è “immobilismo”, che è come dire che uno manda cattivo odore perché puzza. Gli dico che, per la mia esperienza di attività sindacale, ho
scoperto che quando uno non riesce a unire i lavoratori la responsabilità è
sua, non dei lavoratori, e a questo punto interviene nel dibattito una
componente del movimento marxista leninista di lunga data sostenendo che la
verità è “un po’ e un po’”, cioè un po’ è responsabilità del sindacalista (e
del politico) e un po’ dei lavoratori, che non lo ascoltano. Per questa compagna
il pensiero è una cosa che ai lavoratori si dice, e se non la seguono è un
problema loro. Per lei, quindi, il pensiero è “un presupposto, o un
anticipazione paradigmatica”, cioè un modello che proponiamo.
Per
noi no, per noi il pensiero è qualcosa che “diventa concreto, perché cresce con le cose, a intelligenza delle quali
viene progressivamente concrescendo”. Nell’agire per trasformare le “cose” noi
stesso cambiamo, perché anche noi siamo un processo, e non una “cosa”. Questa è
la riforma morale e intellettuale di cui stiamo parlando, e in cui prima di
tutto noi comunisti siamo impegnati. Prima di tutto noi, e non gli operai, gli
altri lavoratori, le donne e i giovani delle masse popolari. Loro
comprenderanno se vedranno che noi siamo capaci di cambiare, di metterci in
discussione, di cambiare vita, di passare a partire da qui e ora dal mondo
delle “cose” che sono quelle che sono e quindi bisogna adattarsi al mondo delle
cose come noi le facciamo e come noi le pensiamo.
Per
questo motivo non andiamo a una manifestazione di lavoratori come quella
odierna della USB per constatare “quanto siamo pochi” e che “siamo sempre gli
stessi” e “perché siamo così divisi”, ma perché è un momento in cui possiamo
crescere, trasformarci, e portare un messaggio di fiducia nel futuro. Andiamo
sentendo crescere in noi la consapevolezza e la forza che il futuro è nelle
nostre mani, che dipende da noi.
NOTE
1. Alberto Burgio Gramsci. Il sistema in movimento, (DeriveApprodi, Roma, 2014), p.
143.
2. Comunicato CC 30/2014 - 3 ottobre
2014, in http://www.nuovopci.it/voce/comunicati/com2014/com.14.10.03.html
3. “…nel
Partito comunista abbiamo inalberato le due parole d’ordine “chi non studia non
può dirigere” e “chi non elabora non può dirigere”.” La Voce del (nuovo)PCI, n. 46, anno XVI - marzo 2014, Bisogna imparare a pensare - Per vedere,
bisogna avere occhi e cervello, in http://www.nuovopci.it/voce/voce46/lavoce46.html#Bisogna_imparare_a_pensare